Il principio d'inerzia negli ultimi scritti di Galileo

Roberto Vergara Caffarelli - 2006-06-23

Dipartimento di Fisica Enrico Fermi - Universit di Pisa

opinione largamente condivisa che Galileo scrisse il De motu negli anni in cui fu professore a Pisa tra il 1589 e il 1592. Uno dei capitoli dedicato al piano inclinato, dove vi sono due contributi originali di grande rilievo:

1) la dimostrazione che la forza di gravit lungo il piano dipende dal seno dellangolo. Si tratta di un fattore moltiplicativo che misurabile direttamente, con la bilancia o con un contrappeso, e non dipende dalla relazione che Galileo trover pi tardi a Padova, tra spazio percorso e tempo trascorso s  kt2;

2) la prima formulazione del principio dinerzia.

Ritroviamo i due contributi, espressi in forma pressoch immutata, nei suoi scritti pi importanti e nellultima giornata dei Discorsi sopra due nuove scienze, quella dedicata alla forza della percossa.

Con rare eccezioni, gli storici della scienza ritengono che a Galileo non spetti la piena paternit del principio dinerzia, fondamentale per la comprensione della meccanica e della cosmologia, la prima legge che lo stesso Newton gli attribuisce. Il pi influente studioso di questo partito Alexandre Koyr, che ha dedicato met dei suoi Studi galileiani a discutere largomento[1], dai suoi presupposti fino alle conseguenze cosmologiche. I punti essenziali del suo giudizio sono i seguenti:

a) per Galileo la persistenza del movimento una situazione privilegiata esclusiva del moto circolare; il moto rettilineo, possibile solo nella caduta, non un moto inerziale. [Cito]:

La via che conduce al principio dinerzia era, per Galileo, sbarrata dallesperienza astronomica del moto circolare dei pianeti2.

b) Il piano orizzontale reale una superficie sferica: Galileo non pu fare astrazione della pesantezza, qualit naturale dei gravi.

c) Un movimento rettilineo dei gravi una cosa impossibile. [Cito]:

se la dinamica di Galileo , nella sua pi profonda sostanza, archimedea e interamente fondata sulla nozione della pesantezza, evidente che Galileo non poteva formulare il principio dinerzia. Infatti, non lha mai formulato[2].

La conclusione di Koyr questa:

In linea di principio, il carattere privilegiato del moto circolare energicamente combattuto: il movimento in quanto tale che si conserva, e non il moto circolare. In linea di principio. Ma, in realt, il Dialogo non si spinge oltre. E checch se ne sia detto, non giungiamo mai, n mai giungeremo, fino al principio dinerzia. Mai, nei Discorsi come nel Dialogo, Galileo affermer la conservazione del moto rettilineo. Ci per la semplice ragione che un tale movimento rettilineo dei gravi una cosa impossibile, e che per Galileo dei corpi non gravi cesserebbero di esser corpi e non potrebbero muoversi affatto[3].

Un elemento essenziale della discussione di Koyre la negazione degli esperimenti. Un primo esempio lo troviamo quando negli Studi galileiani discute largomento principe contro il moto della terra, quello della pietra lasciata cadere dallalto dellalbero di una nave. Allosservazione di Salviati: Nessuno ha mai fatto questa esperienza , in una nota, Koyr scrive

Galileo ha ragione: nessuno ha mai fatto questa esperienza [] In realt, lesperienza della nave non fu realizzata che nel 1641; da Gassendi. Essa ebbe una grandissima risonanza.

Koyr, nello scrivere cos, ha dimenticato che nella Lettera a Francesco Ingoli in risposta alla disputatio de situ et quiete terrae Galileo aveva scritto[4] (il grassetto del periodo mio):

Ed una di tali esperienze appunto questa del sasso cadente dalla sommit dellalbero nella nave, il quale va sempre a terminare e a ferire nellistesso luogo, tanto quando la nave in quiete quanto mentre ella velocemente cammina, e non va, come essi credevano (scorrendo via la nave mentre la pietra per aria vien a basso), a ferir lontano dal piede verso la poppa; nella quale io sono stato doppiamente miglior filosofo di loro, perch loro, al dir quello chՏ il contrario in effetto, hanno anco aggiunto la bugia, dicendo daver ci veduto dallesperienza, ed io ne ho fatto lesperienza, avanti la quale il natural discorso mi aveva molto fermamente persuaso che leffetto doveva succedere come appunto succede: n mi fu difficil cosa il conoscer linganno loro, i quali, figurandosi uno che stando ferma la nave, fusse in cima allalbero, e cos, stando il tutto in quiete, di l lasciasse cadere un sasso, non avvertirno poi, che quando la nave era in moto, il sasso non si partiva pi dalla quiete, atteso che e lalbero e luomo in cima e la sua mano e l sasso ancora si moveano con la medesima velocit che tutto il vassello;

Galileo, dunque, veramente ha fatto lesperienza sulla nave. Era per lui una necessit, perch il classico argomento contro il moto della terra doveva essere reso innocuo. Dal punto di vita teorico con la meccanica che ne mostra linefficacia.

Possiamo dedurre quanto antica la sua esperienza da un passo di una lettera di Mario Guiducci, datata Roma 13 settembre 1624:

Scrissi a V.S. la settimana passata, e le diedi conto delle visite fattemi dal P. Grasso. (...) Ieri, essendo io stato invitato da un Padre mio amico, maestro di rettorica, a sentire una sua Orazione, ed essendovi andato, subito il Sarsi venne alla volta mia, n mi lasci sino a che mi partii del Collegio. I nostri ragionamenti furon tutti sopra una proposizione di V.S., la quale egli diceva essergli stata detta da un Padre Andrea Greco, persona principalissima nella sua religione, il quale diceva di averla gi sentita da V.S. in Padova, cio che un corpo lasciato cadere perpendicolarmente da una gaggia di nave cadeva rasente e a pi dellalbero, tanto se si movesse come se stesse ferma la nave.

Il Padre Andrea Greco certamente Eudaemon Joannes Andreas, nato a Creta nel 1566, gesuita, che si trov ad insegnare a Padova fin dal 1599 e che lasci quella citt probabilmente intorno al 1604[5]

In una pagina successiva Koyr definitivamente pi esplicito

Una fisica archimedea vuol dire una fisica matematica deduttiva e astratta: tale sar la fisica che Galileo svilupper a Padova. Fisica dell'ipotesi matematica; fisica nella quale le leggi del movimento, la legge della caduta dei gravi sono dedotte astrattamente, senza ricorrere alla nozione di forza, senza ricorrere all'esperienza sui corpi reali. Leesperienze a cui si richiama - o si richiamer pi tardi - Galileo, anche quelle che realmente esegue, non sono, e non saranno mai, che esperienze di pensiero [...]

Qui giunto al massimo di negare a Galileo il valore di prova efficace agli sperimenti che fa, che non sono autonomi secondo lui -  rispetto alla teoria! Questa diventata quasi un'ossessione per Koyr e tutte le volte che Galileo si rif all'esperienza, ecco pronta la smentita.

In alcuni fogli di Galileo risalenti al periodo in cui aveva scritto la sua Meccanica, a proposito dei gravi che passano attraverso tutti i gradi di tardit, si legge:

Questo sembra certamente strano, o piuttosto assurdo: tuttavia, per quanto a prima vista stupefacente, ci non affatto falso; l'esperienza, appena inferiore alla dimostrazione, pu dimostrarlo a chiunque.[6]

Koyr subito aggiunge:

L'esperienza - necessario ricordare che si tratta, come quasi sempre in Galileo, di un'esperienza del suo pensiero - consiste nell'immaginarsi un palo conficcato in terra e sul quale si lascia cadere un peso[7]

Conosco almeno quattro redazioni del principio dinerzia, nel De motu[8], nelle Mecaniche[9], nel Dialogo sopra i massimi sistemi[10] e nella sesta giornata dei Discorsi dedicata alla forza della percossa. Leggiamole in successione.

Nel De motu Galileo osserva per primo che un percorso per essere sempre perpendicolare alla gravit, deve avvenire su una superficie sferica.

De motu (circa 1590)

Se un piano inclinato, anche di pochissimo, sotto il piano orizzontale, un mobile sopra, per natura scende se non applicata nessuna forza dallesterno; come palese con lacqua: e allo stesso modo un mobile non sale se non per forza sopra un piano per quanto poco elevato al di sopra del piano orizzontale: dunque rimane fermo sopra un piano orizzontale perch non si muove n per natura n per forza. [] E queste cose che abbiamo dimostrato, come anche abbiamo detto prima, devono essere intese per mobili immuni da qualsiasi resistenza esterna: il che essendo forse impossibile trovare nella materia, non si meravigli taluno, che faccia prove del genere, se rimanga deluso dallesperienza, ed una grande sfera, anche sul piano orizzontale, non possa essere mossa da una minima forza. Poich, alle cause gi dette si aggiunge anche questa: che non pu in realt esservi un piano equidistante dallorizzonte. Infatti, la superficie della terra sferica e da essa non pu equidistare un piano, tangente in un solo punto ad una sfera, se ci allontaniamo da questo punto sar necessario ascendere; onde ben a ragione da tale punto la sfera non potr essere spostata da qualunque minima forza.

Nella redazione successiva, che si legge nel piccolo e importante trattato delle Mecaniche, laccenno alla superficie sferica non pi presente, ma ancora sottintesa, quando indica una superficie ghiacciata di un lago come buona per far muovere senza impedimenti avventizi una sfera perfettamente tonda.

Le Mecaniche (circa 1600)

Non dubbio alcuno, tale essere la costituzione della natura circa i movimenti delle cose gravi, che qualunque corpo, che in s ritenga gravit, ha propensione di moversi, essendo libero, verso il centro; e non solamente per la linea retta perpendicolare, ma ancora, quando altrimenti far non possa, per ogni altra linea, la quale, avendo qualche inclinazione verso il centro, vadi a poco a poco abbassandosi. E cos veggiamo, essempligrazia, l'acqua non solamente cadere a basso a perpendicolo da qualche luogo eminente, ma ancora discorrer intorno alla superficie della terra sopra linee, bench pochissimo, inchinate; come nel corso dei fiumi si accorge, dei quali, purch il letto abbia qualche poco di pendenza, le acque vanno liberamente declinando al basso: il quale medesimo effetto, siccome si scorge in tutti i corpi fluidi, apparirebbe ancora nei corpi duri, purch e la lor figura e li altri impedimenti accidentarii ed esterni non lo divietassero. S che, avendo noi una superficie molto ben tersa e polita, quale saria quella di uno specchio, ed una palla perfettamente rotonda e liscia, o di marmo, o di vetro, o di simile materia atta a pulirsi, questa, collocata sopra la detta superficie, ander movendosi, purch quella abbia un poco d'inclinazione, ancorch minima, e solamente si fermer sopra quella superficie, la quale sia esattissimamente livellata, ed equidistante al piano dell'orizonte; quale, per essempio, saria la superficie di un lago o stagno agghiacciato, sopra la quale il detto corpo sferico staria fermo, ma con disposizione di essere da ogni picciolissima forza mosso. Perch avendo noi inteso come, se tale piano inclinasse solamente quanto un capello, la detta palla vi si moverebbe spontaneamente verso la parte declive, e, per l'opposito, averebbe resistenza, n si potria movere senza qualche violenza, verso la parte acclive o ascendente; resta per necessit cosa chiara, che nella superficie esattamente equilibrata detta palla resti come indifferente e dubbia tra il moto e la quiete, s che ogni minima forza sia bastante a muoverla, siccome, all'incontro, ogni pochissima resistenza, e quale quella sola dell'aria che la circonda, potente a tenerla ferma.

Dal che possiamo prendere, come per assioma indubitato, questa conclusione: che i corpi gravi, rimossi tutti l'impedimenti esterni ed adventizii, possono esser mossi nel piano dell'orizonte da qualunque minima forza.

Nei Discorsi vi un grande cambiamento nella formulazione del principio di inerzia: questa volta la costanza del moto ottenuta da un dispositivo meccanico che permette il moto verticale. Leggo come lo descrive Galileo:

La forza della percossa (circa 1639)

voglio che ci figuriamo un solido grave, per esempio di mille libre[11] di peso, il quale posi sopra un piano che lo sostenti; voglio poi che intendiamo una corda a cotal solido legata, la quale cavalchi sopra una carrucola fermata in alto, per buono spazio, sopra detto solido. Qui manifesto, che aggiungendo forza traente in gi allaltro capo della corda, nel sollevar quel peso si aver sempre una egualissima resistenza, cio il contrasto di mille libre di gravit; e quando da questaltro capo si sospenda un altro solido egualmente pesante come il primo, verr da essi fatto equilibrio; e stando sollevati, senza che sopra alcuno sottoposto sostegno si appoggino, staranno fermi, n scender questo secondo grave alzando il primo, salvo che quando egli abbia qualche eccesso di gravit:[12].

Ed ecco la nuova formulazione del principio di inerzia, che allinizio sembra seguire la solita argomentazione:

E qui mi pare che accada per appunto quello che accade ad un mobile grave e perfettamente rotondo, il quale, se si porr sopra un piano pulitissimo ed alquanto inclinato, da per s stesso naturalmente vi scender, acquistando sempre velocit maggiore; ma se, per lopposito, dalla parte bassa si vorr quello cacciare in su, ci bisogner conferirgli impeto, il quale si ander sempre diminuendo e finalmente annichilando; ma se il piano non sar inclinato, ma orizontale, tal solido rotondo, postovi sopra, far quello che piacer a noi, cio, se ve lo metteremo in quiete, in quiete si conserver, e dandogli impeto verso qualche parte, verso quella si mover, conservando sempre listessa velocit che dalla nostra mano aver ricevuta, non avendo azione n di accrescerla n di scemarla, non essendo in tal piano n declivit n acclivit:

Ma qui abbiamo il nuovo principio (continuo con Galileo):

et in simile guisa i due pesi eguali, pendenti da due capi della corda, ponendogliene in bilancio, si quieteranno, e se ad uno si dar impeto allin gi[13], quello si andr conservando equabile sempre. E qui si dee avvertire che tutte queste cose seguirebbero quando si movessero tutti gli esterni ed accidentari impedimenti, dico di asprezza e gravit di corda, di girelle e di stropicciamenti nel volgersi intorno al suo asse, ed altri che ve ne potessero essere[14].

Descrizione della macchina di Galileo

Subito un chiarimento sul titolo della giornata: La forza della percossa lultimo argomento studiato dal grande scienziato pisano e riguarda la dinamica degli urti. Galileo si serve di una installazione in cui due masse uguali sospese ad una carrucola si equilibrano e ottiene importanti risultati da alcuni esperimenti che presenta al lettore:

a) d una spinta a un peso: i due pesi si muovono insieme in moto uniforme con la velocit impressa con la spinta. Cos Galileo dimostra la validit sperimentale del principio dinerzia anche quando il moto verticale, perch - spiega - nulla la somma delle forze agenti su ogni massa;

b) appoggia uno dei due pesi uguali sopra un banchetto, solleva laltro ad una altezza prefissata e poi lo lascia cadere: quando la corda diventa tesa, si ha - come la chiama - una strappata. Laltro peso, tirato dalla corda, impedisce al primo di continuare il moto accelerato e i due, insieme, procedono con moto uniforme, come nellesperimento precedente;

c) aggiunge un peso alla massa di quello appoggiato, solleva laltro peso e lo lascia cadere, come prima: quando la corda diventa tesa, il peso maggiore sale fino ad unaltezza, che dipende dal peso aggiunto e dalla velocit massima raggiunta in caduta libera dal peso sollevato. Il loro moto dopo la strappata uniformemente ritardato, fino allaltezza massima, e poi accelerato in senso inverso.

Calcolando la velocit raggiunta dal peso che cade, immediatamente prima della strappata, e misurando la velocit dei due pesi, subito dopo la strappata, si pu verificare la conservazione della quantit di moto. Galileo non riusc a dimostrare questa legge, che pure ricordata spesso nei suoi scritti in varie maniere, perch, non potendo misurare la velocit massima raggiunta prima della strappata, fa ricorso ad un risultato teorico, che non valido in quella situazione[15].

d) Galileo aggiunge una piccola massa ad una delle due, porta questa massa in alto e la lascia cadere. Osserva un moto accelerato, ma molto lento perch cՏ solo il peso della massa aggiunta a muovere tutte le masse: prima chiara evidenza della differenza tra massa inerziale e massa gravitazionale.

In questultimo esperimento Galileo, forse, riuscito a determinare il valore della costante dellaccelerazione di gravit.

Questa macchina simile a quella che sarebbe stata conosciuta 150 anni dopo con il nome di Macchina di Atwood[16].

Per molto tempo questi studi non furono conosciuti. Vincenzo Viviani ebbe in copia dal figlio di Galileo un manoscritto in cui riconobbe la mano del padre Ambrogetti[17], ma non ritenne di inserirlo nella raccolta delle Opere[18] che, con il suo aiuto, leditore Carlo Manolessi[19] fece stampare a Bologna nel 1655-56. Viviani non ne aveva sottovalutato limportanza[20]; aveva parlato addirittura di una Nuova Scienza da aggiungere alle due dei Discorsi, ma esit a far conoscere uno scritto che riteneva incompiuto e che forse desiderava completare. anche possibile che abbia avuto altri motivi, sui quali inutile adesso speculare: sono illustrate in altro luogo le vicende per le quali gli scritti sulla percossa rimasero nascosti per ottanta anni.

Basti dire che solo nelledizione fiorentina delle Opere di Galileo (1718) venne aggiunta nei Discorsi intorno a due Nuove Scienze una sesta giornata con il titolo Della forza della percossa, unica testimonianza delle sue ricerche, senza che sia pervenuto il manoscritto da cui era tratta, forse una copia di quello del Viviani o forse no. Non possiamo neppure sapere se lincompletezza di questa giornata aggiunta sia dovuta a Galileo o alla perdita della versione finale[21].

Linstallazione stata costruita per la realizzazione di esperimenti in unarea aperta al pubblico, area che abbiamo chiamato Il Laboratorio di Galileo Galilei.

una macchina di grandi proporzioni ( alta circa 3 metri), consistente in una struttura piramidale a base quadrata, i cui lati sono realizzati con tubi di acciaio inox, opportunamente collegati (FIG. 1).Una ruota di bicicletta dal diametro 42 cm sorretta da un telaio fissato sopra la struttura piramidale. La ruota stata modificata, creando una scanalatura.

Due pesi[22], M1 (a sinistra) e M2 (a destra) di massa uguale a 20,732 kg, sono uniti tra loro con un cavo di acciaio di diametro 4 mm. Il cavo passa nella scanalatura della ruota ed ha lunghezza giusta per permettere la massima corsa al sistema dei pesi accoppiati. Ad entrambi i pesi, che allincirca sono a forma di parallelepipedo, sono stati praticati due fori perch scorrano lungo due tubi dacciaio paralleli che fanno da guida.

Al centro della macchina vi unasta verticale, su cui fissata una scala con divisioni millimetriche, lunga 2,6 metri, che serve per misurare lo spazio percorso da M2. Alla base di M2 stata fissata unasticella, sporgente verso la scala millimetrica, per la lettura esatta della sua posizione (FIG. 2).

Lungo lasta verticale sono sistemati sette ponticelli scorrevoli in ottone che sostengono i traguardi in carta pergamenata: servono a evidenziare il passaggio della massa M2 (FIG. 3) nellesperimento del principio dinerzia. Sempre lungo lasta centrale vi sono altri otto ponticelli segnati con un bollino rosso, a distanze crescenti. Servono per la misura dellaccelerazione.

Una massa di piombo mp (0.884 kg) scorre lungo il tubo esterno di guida della massa M2 ed tenuta ferma in alto con un filo, che passa in una piccola carrucola e si aggancia ad un fermo della struttura laterale. Serve per imprimere una opportuna velocit iniziale ad M2 nellesperimento sul principio di inerzia (FIG. 4 e FIG. 5). Il filo permette al sovrappeso di scendere per 24 cm.

Nella parte frontale della struttura stato applicato un pendolo, che intercetta un traguardo di carta pergamenata. Il pendolo, ricavato da un filo a piombo, batte il secondo in una oscillazione completa (40 oscillazioni in 41,3 secondi).

Un sensore vicino alla ruota si attiva al passaggio dei raggi e permette di misurare velocit ed accelerazione dei pesi nei vari esperimenti, in funzione della distanza percorsa (FIG. 6). Il sensore collegato ad un computer.

In alcuni esperimenti si utilizzano due elettromagneti (fissati nella parte destra del telaio che sostiene la ruota), situati proprio sopra il peso M2 che viene sospeso ad essi allinizio dellesperimento (FIG. 7).

Operazione di messa a punto

Lesperimento ha inizio con M1 in basso e M2 in alto a inizio corsa; essi sono in equilibro.

Aggiungendo per tentativi un soprappeso ad una delle masse, per esempio a M2, possiamo controbilanciare lattrito. Questa scelta obbliga ad usare la macchina solamente nel verso che fa scendere M2.

Ricordo alcuni particolari dellesperimento.

Operazioni

1) si appoggia mp sopra la massa M2

2) Si attivano gli elettromagneti e si attacca ad essi M2

3) Si d una spinta al pendolo, che comincia ad oscillare.

4) In coincidenza con un passaggio del pendolo sul traguardo si disattivano gli elettromagneti, in modo che M2 lasciato andare.

5) Il sistema acquista velocit crescente, durante il primo tratto di discesa di M2, fino al momento in cui la cordicella si tende e mp si stacca da M2 (FIG 8) e la velocit diventa costante. Si pu cos imprimere sempre la stessa velocit al sistema, e studiare il moto della massa M2, sulla quale nulla la risultante delle forze lungo tutto il percorso ancora disponibile.

6) Si regola la lunghezza del filo che trattiene mp per fare in modo che il suo distacco avvenga esattamente dopo una oscillazione del pendolo. Lo spazio percorso di 24 cm.

6) Si trova la posizione del primo ponticello per tentativi fino a che lasticella di M2 vi passa in coincidenza con il successivo passaggio del pendolo nel proprio traguardo e con il distacco di mp.

7) Il traguardo successivo dellasta posizionato in maniera che M2 vi giunge esattamente dopo trascorso un secondo, quando il pendolo ha completato una oscillazione.

8) Si legge sullasta la posizione del primo e del secondo ponticello; la loro distanza sar anche quella per posizionare tutti gli altri ponticelli.

9) Si osserva che i passaggi di M2 per i successivi traguardi si compiono in sincronia con le oscillazioni successive del pendolo (FIG 9).

Per meglio evidenziare il passaggio simultaneo della massa M2 e del pendolo nei rispettivi traguardi, vi sono due martelletti, che devono essere azionati ad ogni passaggio nei traguardi, da due osservatori, ai quali affidato il compito di controllare i passaggi.

Lesperimento pu essere fatto, meno comodamente, senza gli elettromagneti, sostituendo 2) e 4) con le seguenti operazioni.

2) Si porta fino alla base il peso M1

4) In coincidenza con un passaggio del pendolo sul traguardo si lascia libero M1

Risultato

Il controllo elettronico d una velocit media v = 0,33 m/s e accelerazione media a = 0,00. Il pendolo in 5 oscillazioni ha segnato il tempo t =  5x41,3 /40 = 5,16 s. Lo spazio percorso 0,335x5 = 1,675 m e quindi la velocit v = 0,32 m/s.

Si ripete lesperimento con 7 traguardi. Questa volta occorre metterli distanti 0,325 m. Il percorso di conseguenza di 2,275 m e quindi il moto avviene con una velocit di 0,31 m/s mentre il controllo elettronico ha dato una velocit media v = 0,27 m/s e accelerazione 0,01 ms-2 .

Galileo ha potuto farlo?

Lesperimento procede con la stessa metodologia gi seguita sul piano inclinato per provare la legge dei numeri dispari; in questo caso quello che viene verificato la legge dinerzia. Non si pu sapere se Galileo abbia effettuato lesperimento in questa maniera, ma ritengo che in qualche modo abbia controllato la veridicit di questa legge fondamentale che proclama con decisione: se ad uno si dar impeto allin gi, quello si andr conservando equabile sempre.

Galileo si accorto anche dellattrito, come risulta da quanto mette in bocca a Sagredo:

Dir dunque (per sempre dubitando) che vero che il peso, e.g., delle 100 libbre, del grave discendente basta per alzare laltro, che pure pesi 100 libbre, infino allo equilibrio, senza che quello venga instrutto e fornito daltra velocit e baster solo leccesso di mezza oncia, ma vo considerando che questa equilibrazione verr fatta con gran tardit

Galileo dopo laggiunta di mezza oncia che corrispondono a 14 grammi dice di aver osservato un processo di equilibrazione, cio una lentissima discesa che terminava nellequilibrio, nella quiete. Questa sua osservazione ha un interesse notevole, perch assicura che lattrito presente nella sua macchina non era molto differente dallattrito osservato nella macchina odierna, che viene completamente annullato con un incremento di peso di 155 grammi.

 

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Giudizi di storici della scienza

In un libro del biografo di Newton, Richard Samuel Westfall[23], Force in Newtons Physics trovo una conclusione deludente, quando afferma che per progredire ulteriormente ci voleva Descartes! (cito)

In effetti, egli [Galileo] si impantanato in una palude filosofica. Per progredire ulteriormente, la meccanica avr bisogno del saldo punto di appoggio di una coerente filosofia della natura e di un riesame del moto. In una parola, avr bisogno dellopera di un Descartes, nella cui filosofia i moti naturali saranno eliminati e tutti i movimenti, in quanto movimenti, saranno posti sul medesimo piano metafisico. In questo contesto, ci sar almeno la possibilit di vedere laccelerazione uniforme della caduta libera come un esempio della classe pi ampia delle accelerazioni in generale []

Non avendo un chiaro concetto di massa, a Galileo mancano i mezzi per generalizzare la sua analisi della caduta libera alle accelerazioni su piano orizzontali.

Alfred Rupert Hall, un altro storico che si interessato anche di Galileo, sembra non aver letto la sesta giornata, quando afferma categoricamente alcune opinioni sconcertanti nel suo libro Da Galileo a Newton 1630-1720:

[] La tradizione secondo la quale Galileo fu un grande scienziato sperimentale non regge a una critica seria. vero che egli possedeva qualit di sperimentatore, che era pronto a prendere in considerazione idee nuove e a indagare la possibilit di nuovi mezzi per aumentare la conoscenza della natura, ma si tratta di una cosa diversa. [] egli preferiva sempre lanalisi teorica piuttosto che ulteriori indagini sperimentali. Di Galileo si ricordano pochi esperimenti originali, e in tutte le sue lettere troviamo solo pochi accenni a esperimenti realmente compiuti. [] Lessere giunto al concetto di inerzia, pur con le imperfezioni della sua formulazione, fu unimpresa grandiosa. Quanto alla sua verifica sperimentale, Galileo la ignor, considerandola irrilevante[24].

[] senza dubbio (al pari di Sagredo) consider il principio di conservazione della quantit di moto come evidente di per s. Egli non riusc per a dimostrarlo direttamente, cos come non aveva potuto dimostrare il principio di inerzia[25].

I. B. Cohen in una nota di un suo articolo[26] scrive

mio convincimento che Galileo veramente non conosce la legge dinerzia [] La discussione pi eloquente di questo punto di vista si trova in Galile et la loi de linertie di Alessandre Koyr, parte III, dei brillanti e epocali Etudes Galilennes.

La sua opinione che Galileo non ha generalizzato la sua analisi ad ogni tipo di forza, oltre alla forza peso, come invece ha fatto Newton.

Conclusione

Nessuno storico ha valutato limportanza dellosservazione di Galileo, che il moto si conserva sulla superficie sferica della terra. Si tratta della conservazione del momento angolare, ossia del momento della quantit di moto. uno dei principi basilari della fisica classica e quantistica!

La conservazione della quantit di moto in presenza di masse sempre una approssimazione, non vera esattamente. Galileo per noi un fisico e non un filosofo, sebbene lambizione del grande scienziato pisano era di essere riconosciuto come filosofo.

APPENDICE

Il Dialogo sopra i due massimi sistemi

SALV. Io non desidero che voi diciate o rispondiate di saper niente altro che quello che voi sicuramente sapete. Per ditemi: quando voi aveste una superficie piana, pulitissima come uno specchio e di materia dura come l'acciaio, e che fusse non parallela all'orizonte, ma alquanto inclinata, e che sopra di essa voi poneste una palla perfettamente sferica e di materia grave e durissima, come, verbigrazia, di bronzo, lasciata in sua libert che credete voi che ella facesse? non credete voi (s come credo io) che ella stesse ferma?

SIMP. Se quella superficie fusse inclinata?

SALV. S, ch cos gi ho supposto.

SIMP. Io non credo che ella si fermasse altrimente, anzi pur son sicuro ch'ella si moverebbe verso il declive spontaneamente.

SALV. Avvertite bene a quel che voi dite, signor Simplicio, perch io son sicuro ch'ella si fermerebbe in qualunque luogo voi la posaste.

SIMP. Come voi, signor Salviati, vi servite di questa sorte di supposizioni, io comincier a non mi maravigliar che voi concludiate conclusioni falsissime.

SALV. Avete dunque per sicurissimo ch'ella si moverebbe verso il declive spontaneamente?

SIMP. Che dubbio?

SALV. E questo lo tenete per fermo, non perch io ve l'abbia insegnato (perch io cercavo di persuadervi il contrario), ma per voi stesso e per il vostro giudizio naturale.

SIMP. Ora intendo il vostro artifizio: voi dicevi cos per tentarmi e (come si dice dal vulgo) per iscalzarmi, ma non che in quella guisa credeste veramente.

SALV. Cos sta. E quanto durerebbe a muoversi quella palla, e con che velocit? E avvertite che io ho nominata una palla perfettissimamente rotonda ed un piano esquisitamente pulito, per rimuover tutti gli impedimenti esterni ed accidentarii: e cos voglio che voi astragghiate dall'impedimento dell'aria, mediante la sua resistenza all'essere aperta, e tutti gli altri ostacoli accidentarii, se altri ve ne potessero essere.

SIMP. Ho compreso il tutto benissimo: e quanto alla vostra domanda, rispondo che ella continuerebbe a muoversi in infinito, se tanto durasse la inclinazione del piano, e con movimento accelerato continuamente; ch tale la natura de i mobili gravi, che vires acquirant eundo: e quanto maggior fusse la declivit, maggior sarebbe la velocit.

SALV. Ma quand'altri volesse che quella palla si movesse all'ins sopra quella medesima superficie, credete voi che ella vi andasse?

SIMP. Spontaneamente no, ma ben strascinatavi o con violenza gettatavi.

SALV. E quando da qualche impeto violentemente impressole ella fusse spinta, quale e quanto sarebbe il suo moto?

SIMP. Il moto andrebbe sempre languendo e ritardandosi, per esser contro a natura, e sarebbe pi lungo o pi breve secondo il maggiore o minore impulso e secondo la maggiore o minore acclivit.

SALV. Parmi dunque sin qui che voi mi abbiate esplicati gli accidenti d'un mobile sopra due diversi piani; e che nel piano inclinato il mobile grave spontaneamente descende e va continuamente accelerandosi, e che a ritenervelo in quiete bisogna usarvi forza; ma sul piano ascendente ci vuol forza a spignervelo ed anco a fermarvelo, e che 'l moto impressogli va continuamente scemando, s che finalmente si annichila. Dite ancora di pi che nell'un caso e nell'altro nasce diversit dall'esser la declivit o acclivit del piano, maggiore o minore; s che alla maggiore inclinazione segue maggior velocit, e, per l'opposito, sopra 'l piano acclive il medesimo mobile cacciato dalla medesima forza in maggior distanza si muove quanto l'elevazione minore. Ora ditemi quel che accaderebbe del medesimo mobile sopra una superficie che non fusse n acclive n declive.

SIMP. Qui bisogna ch'io pensi un poco alla risposta. Non vi essendo declivit, non vi pu essere inclinazione naturale al moto, e non vi essendo acclivit, non vi pu esser resistenza all'esser mosso, talch verrebbe ad essere indifferente tra la propensione e la resistenza al moto: parmi dunque che e' dovrebbe restarvi naturalmente fermo. Ma io sono smemorato, perch non molto che 'l signor Sagredo mi fece intender che cos seguirebbe.

SALV. Cos credo, quando altri ve lo posasse fermo; ma se gli fusse dato impeto verso qualche parte, che seguirebbe?

SIMP. Seguirebbe il muoversi verso quella parte.

SALV. Ma di che sorte di movimento? di continuamente accelerato, come ne' piani declivi, o di successivamente ritardato, come negli acclivi?

SIMP. Io non ci so scorgere causa di accelerazione n di ritardamento, non vi essendo n declivit n acclivit.

SALV. S. Ma se non vi fusse causa di ritardamento, molto meno vi dovrebbe esser di quiete: quanto dunque vorreste voi che il mobile durasse a muoversi?

SIMP. Tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie n erta n china.

SALV. Adunque se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimente senza termine, cio perpetuo?

SIMP. Parmi di s, quando il mobile fusse di materia da durare.

SALV. Gi questo si supposto, mentre si detto che si rimuovano tutti gl'impedimenti accidentarii ed esterni, e la fragilit del mobile, in questo fatto, un degli impedimenti accidentarii. Ditemi ora: quale stimate voi la cagione del muoversi quella palla spontaneamente sul piano inclinato, e non, senza violenza, sopra l'elevato?

SIMP. Perch l'inclinazion de' corpi gravi di muoversi verso 'l centro della Terra, e solo per violenza in su verso la circonferenza; e la superficie inclinata quella che acquista vicinit al centro, e l'acclive discostamento.

SALV. Adunque una superficie che dovesse esser non declive e non acclive, bisognerebbe che in tutte le sue parti fusse egualmente distante dal centro. Ma di tali superficie ve n' egli alcuna al mondo?

SIMP. Non ve ne mancano: cci quella del nostro globo terrestre, se per ella fusse ben pulita, e non, quale ella , scabrosa e montuosa; ma vi quella dell'acqua, mentre placida e tranquilla.



[1] Alexandre Koyr, Studi galileiani, Torino 1976: Galileo e la sua legge dinerzia, pp.161-350.

[2] Idem, p. 263

[3] Alexandre Koyr, cit., pp.242-243.   

[4] G.G. vol. V, pp. 545-546.

[5]In ogni caso questi esperimenti di Galileo devono essere stati fatti prima della espulsione dei gesuiti dalla Repubblica di Venezia, che avvenne nel 1606. Su Eudaemon-Ioannis vedere: W.W. WALLACE, Galileo and his Sources. The Heritage of the Collegio Romano in Galileos Science, Princeton 1984, pp. 269-271. U.BALDINI e P.D.NAPOLITANI, Christoph Clavius Corrispondenza, Pisa, 1992, vol. II, parte II, pp.37-37.

[6] G.G., vol. II, In quo agitur de motu accelerato, p.263: Quod profecto mirum, seu potius absurdum videtur: verumtamen, licet primo intuitu mirum, falsum tamen non esse neque absurdum, experientia, qualibet  demontratione  haud infirmior, quemlibet admonere potest.

[7] A.Koyr, Studi Galileiani, Torino 1979, p. 139.

[8] G.G., vol I, p. 301. [traduzione delloriginale latino]:

[9] G.G., Le mecaniche, vol. II, cit., pp. 179-180 :.

[10] G.G,. vol VII, p. 172-173.

[11] In seguito parler sempre di 100 libre, che sembra un peso pi ragionevole. Infatti l00 libbre = 33,95 kg. La libbra toscana era divisa in 12 once; loncia era divisa in 24 denari; il denaro in 24 grani.

[12] G.G., vol. VIII, cit., pP. 332-333.

[13]  Si noti che Galileo dice allin gi perch in tal modo il peso spinto in gi  tira su laltro, rimanendo sempre nulla la risultante della forza di gravit. Qui la corda ha solo il compito di comunicare istantaneamente limpeto allaltro peso.

[14]  G.G., vol. VIII, cit., p. 336.

[15] Mostreremo nella seconda parte che Galileo aveva tutte le nozioni necessarie ad arrivare al risultato corretto.

[16] George Atwood (1745-1807) studi a Cambridge; nel 1773 divenne insegnante al Trinity College dove tenne conferenze molto frequentate; nel 1776 fu accolto nella Royal Society. Nella sua opera pi importante, A Treatise on the Rectilinear Motion and Rotation of Bodies (Cambridge 1784), descrisse una macchina per lo studio del moto uniformemente accelerato, poi costruita da Adams. Nello stesso anno scrisse anche: Analysis of a Course of Lectures on the Principles of Natural Philosophy.

[17] Marco Ambrogetti, sacerdote fiorentino, che Galileo tenne presso di s in Arcetri dal 1 giugno 1637 al 25 gennaio 1639, valendosi di lui per dettargli le lettere, delle quali abbiamo buon numero anche oggi, scritte di su mano, e per la traduzione latina del Saggiatore, delle lettere sulle macchie solari e del Discorso sulle galleggianti, la quale egli intendeva mandare agli Elzeviri per ledizione completa delle sue opere che disegnavano di fare. E anche posteriormente al gennaio 1639 lAmbrogetti torn in Arcetri, servendo a Galileo da amanuense. [tizia tratta da G.G., vol. XX, p. 369.

[18] Opere di Galileo Galilei linceo, nobile fiorentino, gi lettore delle matematiche nelle universit di Pisa, e di Padova, di poi sopraordinario nello Studio di Pisa. Primario filosofo e matematico del serenissimo Gran Duca di Toscana. In questa nuova edizione insieme raccolte, e di varij trattati dellistesso autore non pi stampati accresciute. Al serenissimo Ferdinando II gran duca di Toscana. In Bologna per gli hh. del Dozza, MDCLV-MDCLVI.

[19] Il suo carteggio con Vincenzo Viviani, riguardante ledizione delle opere di Galileo, stato pubblicato in LE OPERE DI DISCEPOLI DI GALILEO GALILEI. CARTEGGIO 1649-1656, vol. II a cura di P. Galluzzi e M. Tarrini, Firenze, 1984. Una nota biografica raccolta in internet: poco pi di dieci anni prima, nel 1644, Manolessi era stato condannato a tre tratti di corda e a tre anni di carcere per aver tenuto nella sua bottega dei libri proibiti. Cur la terza edizione del trattato di Benedetto Castelli Della misura dellacque correnti, uscito nel 1660 sempre per gli eredi del Dozza e, sempre di argomento scientifico, i Pensieri fisico-matematici di Geminiano Montanari.

[20] G.G., XIX, p. 623, Racconto istorico della vita del Sig.r. Galileo Galilei, redatto in forma di lettera per Leopoldo de Medici: Viviani aveva scritto: finalmente nellultima Giornata promuovere unaltra nuova scienza, trattando con progresso geometrico della mirabil forza della percossa, dove egli stesso diceva daver scoperto e poter dimostrare acutissime e recondite conclusioni, che superavano di gran lunga tutte laltre sue speculazioni gi pubblicate. [] Di queste [opere] rimasero solo appresso il figliuolo e nipoti alcuni pochi fragmenti per introdursi nella contemplazione della forza della percossa.

[21] Nel primo frammento prende il posto di Semplicio Paolo Aproino, che mori nel marzo del 1638. Galileo non pu aver scritto il testo in cui appare questo personaggio prima questo avvenimento.

[22] Le due masse utilizzate nella macchina erano in origine due pesi omologati di 20 kg, in uso per le grandi bilance commerciali. Le modifiche e le aggiunte per le finalit della macchina le hanno portate ad avere la massa finale qui indicata.

[23] RICHARD S. WESTFALL, Force in Newtons Physics. The Science of Dynamics in the Seventeenth Century, New York 19171;  tradotto con il titolo: Newton e la dinamica del XVII secolo, Bologna 1982, pp. 63-74.

[24]  A. RUPERT HALL, From Galileo to Newton 1630-1720.1963, (trad. it.) Da Galileo a Newton 1630-1720, Milano 1973, p. 47.

[25]   Idem, p. 56.

[26] I. Bernard Cohen, Newtons attribution of the first two laws of motion to Galileo, pp. XXV- XLIV, in Atti del Symposium internazionale di Storia, Metodologia logica e Filosofia della scienza Galileo  nella storia e nella filosofia della scienza, Firenze 1967.