Rapporti con Galilei
Nell’Epistolario galileiano appare per la prima volta il cardinale Bellarmino con questa lettera diretta ai Matematici del Collegio Romano.
" Molto Rev.di Padri,
So che le RR. VV. hanno notitia delle nuove osservationi celesti di un valente mathematico per mezo d'un instrumento chiamato cannone overo ochiale; et ancor io ho visto, per mezo dell'istesso instrumento, alcune cose molto maravigliose intorno alla luna et a Venere. Però desidero mi facciano piacere di dirmi sinceramente il parer loro intorno alle cose sequenti:
Prima, se approvano la moltitudine delle stelle fisse, invisibili con il solo ochio naturale, et in particolare della Via Lattea et delle nebulose, che siano congerie di minutissime stelle;
2°, che Saturno non sia una semplice stella, ma tre stelle congionte insieme;
3°, che la stella di Venere habbia le mutationi di figure, crescendo e scemando come la luna;
4°, che la luna habbia la superficie aspera et ineguale;
5°, che intorno al pianeta di Giove discorrino quattro stelle mobili, et di movimenti fra loro differenti et velocissimi.
Questo desidero sapere, perchè ne sento parlare variamente; et le RR. VV., come essercitate nelle scienze mathematiche, facilmente mi sapranno dire se queste nuove inventioni siano ben fondate, o pure siano apparenti et non vere. Et se gli piace, potranno mettere la risposta in questo istesso foglio. "
Di casa, li 19 d'Aprile 1611.
Delle RR. VV. |
Fratello in Christo |
Ne ha da loro la seguente risposta:
I MATEMATICI DEL COLLEGIO ROMANO a ROBERTO BELLARMINO in
.
Roma, 24 aprile 1611.
" Ill.mo et R.mo Sig.r et P.ron Col.mo
Responderemmo in questa carta conforme al commandamento di V. S. Ill.ma(1) intorno alle varie apparenze che si vedono nel cielo con l'occhiale, et con lo stesso ordine delle proposte che V. S. Ill.ma fa.
Alla prima, è vero cha appaiono moltissime stelle mirando con l'occhiale nelle nuvolose del Cancro e Pleiadi; ma nella Via Lattea non è così certo che tutta consti di minute stelle, et pare più presto che siano parti più dense continuate, benchè non si può negare che non ci siano ancora nella Via Lattea molte stelle minute. È vero che, per quel che si vede nelle nuvolose del Cancro et Pleiadi, si può congetturare probabilmente che ancora nella Via Lattea sia grandissima moltitudine di stelle, le quali non si ponno discernere per essere troppo minute.
Alla 2a, habbiamo osservato che Saturno non è tondo, come si vede Giove e Marte, ma di figura ovata et oblonga in questo modo ; se bene non habbiam visto le due stellette di qua et di là tanto staccate da quella di mezzo, che possiamo dire essere stelle distinte.
Alla 3a, è verissimo che Venere si scema et cresce come la luna: et havendola noi vista quasi piena, quando era vespertina, habbiamo osservato che a puoco a puoco andava mancando la parte illuminata, che sempre guardava il sole, diventando tutta via più cornicolata; et osservatala poi matutina, dopo la congiontione col sole, l'habbiamo veduta cornicolata con la parte illuminata verso il sole. Et hora va sempre crescendo secondo il lume, et mancando secondo il diametro visuale.
Alla 4a, non si può negare la grande inequità della luna; ma pare al P. Clavio più probabile che non sia la superficie inequale, ma più presto che il corpo lunare non sia denso uniformemente et che abbia parti più dense et più rare, come sono le macchie ordinarie, che si vedono con la vista naturale. Altri pensano, essere veramente inequale la superficie; ma infin hora noi non habbiamo intorno a questo tanta certezza, che lo possiamo affermare indubitamente.
Alla 5a, si veggono intorno a Giove quattro stelle, che velocissimamente si movono hora tutte verso levante, hora tutte verso ponente, et quando parte verso levante, et quando parte verso ponente, in linea quasi retta: le quali non possono essere stelle fisse, poichè hanno moto velocissimo et diversissimo dalle stelle fisse, et sempre mutano le distanze fra di loro et Giove.
Questo è quanto ci occorre in risposta alle domande di V. S. Ill.ma: alla quale facendo humilissima riverenza, preghiamo dal Signor compiuta felicità. "
Dal Collegio Romano, li 24 d'Aprile 1611.
Di V. S. Ill.ma et R.ma |
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Un anno dopo Bellarmino scrive direttamente a Galileo, per ringraziare
ROBERTO BELLARMINO a GALILEO in Firenze.
" Ill.re Sig.re
Con la lettera di V. S. ho riceuto il trattato suo circa le cose che si muovono et si quietano nell'acqua; et come sarà visto da me volontieri, per esser certo che sia cosa degna d'un tanto autore, così ne rendo molte gratie alla cortesia di V. S., assicurandola che all'affetto che mi dimostra, ne riceve da me corrispondenza, et lo conoscerà occorrendo ch'io possa cosa di suo servitio. Che con questo mi offero a V. S., et da Dio gli prego ogni bene. "
Di Roma, il dì 23 di Giugno 1612.
Di V. S. Ill.re S.r Galileo Galilei. Firenze. |
Per fargli servitio |
Le lettere seguenti precedono di poco il cosiddetto “primo processo” a Galileo. La prima è un “parere” di Federico Cesi, incluso in una lettera del 12 gennaio 1615, che riporta la posizione di Bellarmino:
" Conosco la sfacciatagine estrema di chi [Tommaso Caccini] ha ardito parlare com'ella m'ha riferito, et è certo cosa degna d'ogni risentimento; ma dubito, stante le cose della Corte e maneggi simili, che non si cavarà quanto bisognaria dal risentirsi, e forsi si darebbe più ardire alli altri, mentre non si negotiasse con molta cautela.
Quant'all'opinione di Copernico, Bellarmino istesso, ch'è de' capi nelle congregatione di queste cose, m'ha detto che l'ha per heretica, e che il moto della terra, senza dubio alcuno, è contro la Scrittura: dimodo che V. S. veda. Io sempre son stato in dubio, che consultandosi nella Congregation del'Indice, a tempo suo, di Copernico, lo farebbe prohibire, nè giovarebbe dir altro.
Quanto all'haver biasmata e vittuperata generalmente la matematica e' matematici, questo sì che forsi castigarebbono; ma si devono considerar più cose:
Prima; la religion della persona in questi fatti giudica e dispone, e l'un l'altro più presto s'aiuteranno et scusaranno.
Seconda; con la prima, che giudicaranno facilmente haver detto con ragione, scusaranno la seconda, come transportato un poco più oltre da fervor soperchio.
Terza; che il castigo che se ne potesse cavare, sarebbe poco e segreto.
Pure si potrebbe cautamente procedere in questo modo: Haver fede da quattr'o cinque huomini, in questo genere non scienziati, che provassero che questo tale alla presenza loro ha detto che la matematica è arte diabolica e che li matematici, come authori di tutte l'heresie, doverebbero esser scacciati da tutti li stati; e di questa solo valersi, non entrando punto nelle cose contro Copernico dette, in niun modo.
Di questa fede vorrei si valessero i due matematici delli Studii di quello stato [di Toscana], e che essi ne querelassero appresso a' superiori, ma che V. S. non ci fusse nominato in alcun modo: e se non si potesse fare che tutti due lo facessero, bastarebbe uno di loro; e convenientemente, come parte, doveriano esser intesi bene.
Se si potesse far buon colpo appresso al'Arcivescovo di costì, che lui procedesse al castigo, sarebbe meglio; e quando dalla parte del delinquente si ricorresse qua, l'Arcivescovo istesso farebbe assai con la sua relatione.
Sarebbe bene cercar nell'istessa Religione qualche adversario e contrario al delinquente, che giovarebe assai al negotio; e sempre ci sono le parti contrarie, delle quali si potria valere; et in questo caso sarebbe necessarissimo. Si potrebbe anco tirare in parte li matematici che fussero in detta Religione, e credo si trovi hora in Roma il Padre Paganelli, persona tale, stato già matematico et architetto del Card.le Alesandrino; e se si potessero havere dell'istessa Religione testimonii, sarebbe ottimo.
Portandone querela a Roma per parte, come ho detto, da qualche procuratore, si doverà trattare nella Congregatione de' Cardinali sopra vescovi e regolari, ove non ci sarebbono molti fautori del delinquente, e schivar affatto il parlare di Copernico, acciò questa non sia occasione che si tratti in altra Congregatione se l'oppinione si deva lassiar correre o dannare; chè li fautori della parte contraria presto potrebbono forsi decider contro, e conseguentemente si disputarebbe nella Congregatione del'Indice se si dovesse prohibir il scrittore, e si perderebbe affatto, stante le cose dette e stante la moltitudine de' Peripatetici.
Di questo non occorrerà poi temer tanto, quando l'oppinion di Copernico con ragioni approvate in theologia sarà da qualcuno esaminata, e concordata con la Scrittura Sacra. Seben sappia V. S. che il prohibire o suspendere è cosa facilissima, e si fa etiam in dubio. Telesio e Patricio sono vietati: e quando l'altre non sono in pronto, questa ragione non manca mai, che ci son libri d'avanzo e troppi, che si leggano buoni e sicuri; e li contrarii ad Aristotile sono odiatissimi.
È vero che facilmente la parte del delinquente addurrà haver parlato contro Copernico, e con questo cercarà scusarsi: bisognarà però star forte nel'addurli contro l'infamatione e calunnia della matematica e matematici. Si potria anco in tal caso dire che Copernico è stato sempre permesso dalla S.ta Chiesa da.... anni in qua, e non essendo dannato da quella, egli non dovea porvi bocca. Ma non vorrei si corresse rischio disputar Copernico, chè dubito gli l'attacchino a questo scrittore, e sarria più la perdita che il guadagno.
Questi matematici delli Studii potrebbono avvisar anco l'altri matematici cathedranti d'Italia, acciò facessero anch'essi rumore, almeno questi di Roma; chè veramente l'ingiuria è notabile contro questa scienza, e darà nel naso a tutti. Insomma mi parrebbe molto meglio così, che se V. S. si dichiarasse lei; poichè è più riputation sua che operino gl'altri e lei non si mova punto, e che l'avversarii non habbino questo gusto, che lei se ne travagli.
Intanto mi piacerebbe grandemente e sarebbe molto a proposito, che altri predicatori, e sarebbe ottimo qualchuno del'istessa Religione, se si potesse havere, se non altri, di qualche nome, nel'istessa città, non affettatamente, ma con bella e ben presa occasione, intrassero a lodare le scienze matematiche e li novi scoprimenti concessi da N. S. Dio al nostro secolo, e le belle fatighe che a gloria di Dio, nella contemplatione dell'opere Sue, hanno fatte Tolomeo, Copernico etc., non toccando però punto il moto della terra.
Questo è quanto ho in fretta in fretta considerato in questo negotio. V. S. scusi l'animo pieno d'infinite occupationi domestiche travagliosissime. "
Interviene anche Ciampoli
GIOVANNI CIAMPOLI a GALILEO in Firenze.
Roma, 28 febbraio 1615.
" Molt'Ill.re S.re e P.ron mio Col.mo
Io vivo tanto devoto servitore di V. S. Ecc.ma, che quasi mi pare d'essere accusato per sospetto d'instabilità mentre mi si domanda se io continuo ad amarla. Io non trovo, a praticare tanti gran Salamoni, che io deva stimar per oracoli infallibili i loro detti talmente, che, per parole proferite da loro o per poca informatione o per non molto affetto, io deva in un subito trasformare quella veneratione e benevolenza affettuosissima che verso la persona sua hanno generato in me le sue tanto eminenti qualità, conosciute da me in tante occasioni, et ammirate pure, ad onta dell'invidia, da tanti singolari ingegni delle più nobili provincie d'Europa. A me non par possibile haverla praticata e non amarla; infino gl'avversarii suoi hanno detto ch'ella incanta le persone: e certo in un cuor nobile non credo che possa adoprarsi più efficace magia, quanto la bellezza della virtù e la forza dell'eloquenza. Io non so dichiarare a mio gusto quanto ho nell'animo: assicurisi che io reverisco il suo nome più che mai, e che ancora io ho cuore che sa esser costante nell'amicitia, e non mi manca voce per difender dalle calunnie l'innocenza de gl'amici assenti.
Ma per venir più al particolare, dirò in poche parole: ne tantos mihi finge metus. Quelle grandissime orribilità sicuramente non vanno attorno, non trovando fin qui prelati o cardinali, di quei pure che sogliono sapere sì fatte materie, che ne habbia sentito muover parola. Il medesimo mi conferma Mons.r Dini, affettionatissimo di V. S., col quale ragionai a lungo di questo negotio; e 'l P. F. Luigi Maraffi, che le è più che mai servitore, mi dice haverci avvertito, e che i frati loro, che hanno la grande autorità, non ci pensano e non ne ragionano: sì che la relatione data costà da quella persona [Niccolò Lorini], non mi so immaginare che possa esser uscita da malignità, ma dall'haver forse udito qua da tre o quattro della natione aggravar, discorrendo tra loro, quel che potesse recar di pregiuditio la predica fatta costà da quel frate [Tommaso Caccini], che è hora qua per pretensione, per quanto intendo, di non so che suo baccellierato.
Io hebbi nuove una sera, circa a tre settimane fa, di questa sua predica; nè sapendo io che cosa si fusse, e se bene non omnia metuenda, mi ricordai pure del nihil spernendum. Benchè fossero due hore di notte, non volli differire; andai subito a trovare il S.r Card.l Barberino [Maffeo Barberini], il quale conserva molto affetto verso V. S., e la saluta e ringratia dell'offitio che in nome di lei ho passato con S. S.ria Ill.ma Non ci è ancora stato tempo da fargli vedere la copia della lettera scritta al P. D. Benedetto, sì come si farà da Mons.r Dini o da me, o da tutti due insieme: il che ancora pensiamo che sia ben fare co 'l S.r Card.l Bellarmino.
Stia dunque certa che quel che io non facessi per lei, no 'l farei in verità per huomo vivente; particolarmente trattandosi di fare un torto così incomportabile a persona tanto famosa per le sue virtù, tanto benemerita delle lettere e di tutti gl'amici suoi. Ma questi torrenti rovinosi e muglianti, che le sono stati figurati, non si sentono qua; e pure io pratico in qualche luogo, che ancora io, che non son sordo, ne havrei a sentir lo strepito. È ben vero che bisogna ricordarsi sempre, acres esse viros, cum dura proelia gente, in queste materie dove i frati non sogliono voler perdere. Però quella clausula salutare, del sottomettersi alla S.ta Madre Chiesa etc., non si replica mai tante volte che sia troppo. So che sempre ella lo ha fatto, non solo con l'animo, ma anco con la voce e con lo scritto; ma l'infinito affetto che io le porto fa che io non possa astenermi di ricordarlo, ben che questo offitio sia molto sproportionato alla mia età.
Il S.r Card.l Barberino, il quale, come ella sa per esperienza, ha sempre ammirato il suo valore, mi diceva pure hiersera, che stimerebbe in queste opinioni maggior cautela il non uscir delle ragioni di Tolomeo o del Copernico, o finalmente che non eccedessero i limiti fisici o mathematici, perchè il dichiarar le Scritture pretendono i theologi che tocchi a loro; e quando si porti novità, ben che per ingegno ammiranda, non ogn'uno ha il cuore senza passione, che voglia prender le cose come son dette; chi amplifica, chi tramuta; tal cosa esce di bocca dal primo autore, che tanto sarà trasformata nel divolgarsi, che più non la riconoscerà per sua. Et io so quel che mi dico: perchè la sua opinione quanto a quei fenomeni della luce e dell'ombre della parte pura e delle macchie, pone qualche similitudine tra 'l globo terrestre e 'l lunare; un altro cresce, e dice che pone gl'huomini habitatori della luna; e quell'altro comincia a disputare como possano esser discesi da Adamo, o usciti dell'arca di Noè, con molte altre stravaganze ch'ella non sognò mai. Sì che l'attestare spesso di rimettersi all'autorità di quei che hanno iurisditione sopra gl'intelletti humani nell'interpretationi delle Scritture, è necessarissimo per levar questa occasione all'altrui malignità. Parrà bene a V. S. che io voglia far troppo il savio seco: perdonimi per gratia, e gradisca l'infinito affetto mio che mi fa parlare. Avvisimi pure all'occasione, e comandimi con libertà: più affettuoso amico e servitore di me, V. S. qui troverà difficilmente, e forse non molti di più efficacia e prontezza. Quando l'è incommodo per la sua sanità lo scrivermi di proprio pugno, vagliasi della mano d'altri, o facciami scrivere: io sono servitore obligato, nè meco ci vanno cerimonie.
Mons.r Gualdo si ricorda servitore a V. S., e cercherà servirla per conto de gl'Apelli smascherati. Indugiai a rispondere alla lettera che mi mandò pe 'l S.r Principe Cesis, perchè speravo poterla presentare in sua mano; ma, per quanto intendo, la lontananza sua di Roma anderà molto a lungo. A questa ultima sua non ho potuto prima rispondere, perchè non mi fu recapitata prima di lunedì.
Io del restante, per gratia di Dio, mi conservo con assai buona sanità, sì come desidero a V. S., che tanto ne è più degna e tanto più fruttuosamente l'impiegherebbe in benefitio delle scienze, che dall'inventioni del suo ingegno ricevono sì nobili augumenti. Ricordimi servitore al P. D. Benedetto(2) et al S.r Niccolò Arrighetti; e facendole humilissima reverenza, le prego da Dio vera felicità. "
Di Roma, il dì ult.o di Febb.o 1615.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma Al S.r Galileo. Firenze. |
Devot.mo et Obblig.mo Ser.re |
PIERO DINI a GALILEO in Firenze.
Roma, 7 marzo 1615.
" Molto Ill.re S.r mio Oss.mo
Questi giorni di carnovale, e le molte rappresentationi e altre feste che si sono fatte m'impedirono il trovar le persone che bisognava; però, in quel cambio, feci fare molte copie della lettera di V. S. al P. Matematico [Benedetto Castelli], e l'ho poi data al P. Grembergero, con una lettura di quella che V. S. scrive a me: e così ho poi fatto con molt'altri e con l'Ill.mo Bellarmino, col quale parlai a lungo delle cose che V. S. scrive; delle quali mi assicurò non ne haver mai più sentito parlare in conto nessuno, da che ella ne trattò seco a bocca. E quanto al Copernico, dice S. S. Ill.ma non poter credere che si sia per proibire, ma il peggio che possa accaderli, quanto a lui, crede che potessi essere il mettervi qualche postilla, che la sua dottrina fusse introdotta per salvar l'apparenze, o simil cose, alla guisa di quelli che hanno introdotto gli epicicli e poi non gli credono; e con simil cautela potrebbe parlar V. S. in ogni occorrenza di queste cose, le quali se si fermano secondo la nuova constitutione, non pare per adesso che habbino maggior nimico nella Scrittura che Exultavit ut gigas ad currendam viam con quel che segue, dove tutti gli espositori sino hora l'hanno inteso con attribuire il moto al sole: e se bene io replicai che anche questo si potrebbe dichiarare col nostro solito modo d'intendere, mi fu risposto non esser cosa da correrla, sì come non è per corrersi a furia nè anche a dannare qualsivoglia di queste opinioni. E se V. S. harà messo insieme in questa sua scrittura quelle interpretationi che vengono ad causam, saranno vedute da S. S. Ill.ma volentieri: e perchè so che V. S. si ricorderà di rimettersi alle determinationi di S. Chiesa, come ha fatto a me et ad altri, non li potrà se non giovare assai. E havendomi detto il S.r Cardinale che harebbe chiamato a sè il P. Grembergero per discorrer di queste materie, stamattina son ritornato da questo Padre per sentire se ci era novità alcuna; e non trovo altro di sustanza, oltre al detto, se non che harebbe hauto gusto che V. S. havesse prima fatto le sue dimostrationi, e poi entrato a parlare della Scrittura. Io li risposi, che se V. S. havesse fatto in questa maniera, harei creduto che ella si fusse portata male a far prima i fatti suoi e poi pensare alla Scrittura Sacra; e quanto agli argumenti che si fanno per la parte di V. S., dubita detto Padre non siano più plausibili che veri, poi che li fa paura qualch'altro luogo delle Sacre Carte.
Stamattina ho mandato una di dette copie al S.r Luca Valeri, col quale ancora non mi sono abboccato. Sono bene andato a trovare il S.r Card.le Del Monte [Francesco Maria Del Monte] per informarlo; ma per havervi trovato gente che non mi piaceva, ho discorso seco d'ogn'altra cosa: ma vi tornerò, perchè è molto affezzionato a V. S., e sarò ancora col S.r Card.le Barberino, per lasciarli una di quelle copie, che di già sta aspettando, essendo in parte da me stato avvisato così alla sfuggita. Ma a quest'hora forse sarà stato del tutto informato dal S.r Ciampoli, che a tal fine da me era stato ragguagliato. E così andrò facendo simili ofizi dove vedrò poter giovare alla causa, della quale li parlo, come vede, confusamente, perchè per ancora ogniuno sta all'erta in negotio di tanta portata: ma i matematici non la sentono tanto dubbiosa come i professori d'altre scienze. Che è quanto per hora posso dirle: e senza più le bacio le mani, pregandole dal Signore Iddio quanto desidera. "
Di Roma, li 7 di Marzo 1615.
Di V. S. molt'Ill.e |
Ser. Aff.mo |
PIERO DINI a GALILEO in Firenze.
Roma, 14 marzo 1615.
" Molt'Ill.e S.r mio Oss.mo
Scrissi a V. S. la settimana passata, e di casa mia doverrà haver ricevuto la lettera; e io questo giorno mi trovo l'altra sua de' 9 stante, e non ho potuto abboccarmi col S.r Ciampoli. Ho ben di poi trattato con l'Ill.mo Barberino, il quale mi disse l'istesse cose che si ricordava haver detto a V. S., cioè del parlar cauto e come professore di matematica, e m'assicurò che non n'haveva sentito parlar mai di questi interessi di V. S.; e pure o nella sua Congregatione o in quella di Bellarmino capitano i primi discorsi di sì fatte cose; onde andava dubitando che qualche poco amorevole le andasse accrescendo: ma non per questo è da non ci pensar più. Al S.r Car.le Del Monte non ho di poi parlato, ma seguirà forse domattina; e stante le cose sopradette andrò più temperato a discorrerne, parendomi che non sia così necessario come pareva nel primo ingresso di questa causa, della quale piaccia a Dio che V. S. ne riceva ogni contento e il mondo ogni utile. Come per fine gli prego quanto desidera, e li bacio le mani. "
Di Roma, li 14 di Marzo 1615.
Di V. S. molto Ill.e, la quale desidero che col nuovo anno e migliore stagione si liberi dal suo male; ma quando non segua, lasci gli studi nocivi, perchè l'assicuro che il mondo è arcicontento di lei; |
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S.r Galileo. |
Ser. Aff.mo |
Fuori: Al molto Ill.re S.r mio Oss.mo
GIOVANNI CIAMPOLI a GALILEO in Firenze.
Roma, 21 marzo 1615.
" Molt'Ill.re et Ecc.mo S.re e P.ron mio Col.mo
Torno a confermarle quanto le scrissi pochi giorni fa. Quei gran rumori credo che habbiano fatto strepito nell'orecchie di quattro o cinque e non più. Per diligenza che si sia fatta da Mons.r Dini e da me, di scoprire se ci era moto considerabile, non si trova assolutamente nulla, e non si sa che ne sia stato parlato; sì che io mi vado immaginando che i primi autori di questa voce si siano dati a credere d'essere una gran parte di Roma, havendo publicato per cosa notoria quel che non si trova chi ne habbia parlato: sì che quanto a questa particolarità V. S. cominci pure a quietarsi, chè a lei non mancano amici affettuosi e che più che mai sono ammiratori dell'eminenza de' suoi meriti.
Sono stato questa mattina con Mons.r Dini dal S.r Card.l Dal Monte, il quale la stima singolarmente e le mostra affetto strasordinario. S. S.ria Ill.ma diceva d'haverne tenuto lungo ragionamento col S.r Card.1 Bellarmino: e ci concludeva che quando ella tratterà del sistema Copernicano e delle sue dimostrationi senza entrare nelle Scritture, la interpretatione delle quali vogliono che sia riservata a i professori di theologia approvati con publica autorità, non ci doverà essere contrarietà veruna; ma che altrimenti difficilmente si ametterebbero dichiarationi di Scrittura, benchè ingegnose, quando dissentissero tanto dalla comune openione de i Padri della Chiesa. Insomma, per non le replicar lo stesso, si discorsero ragioni assai simili a quelle che nell'altra mia lettera io le toccai da parte dell'Ill.mo S.r Card.1 Barberino. Non ho fin qui parlato con alcuno che non giudichi grande impertinenza il volere che i predicatori entrino su pe' pulpiti a trattare, fra le donne e 'l popolo, dove è sì poco numero d'intelligenti, materie di cattedra e tanto elevate.
Intendo esser uscito ultimamente un libretto, stampato in Napoli, che tratta non esser contraria alle Scritture Sacre et alla religion cattolica l'openione del moto della terra e della stabilità del sole. È ben vero che per entrar, come le ho detto, nelle Scritture, il libro corre gran risico nella prima Congregatione del Santo Offitio, che sarà di qui a un mese, d'esser sospeso. Farò il possibile per trovarne uno e mandarglielo, avanti che segua altro. Se ci sarà niente di nuovo, ne farò subito avvisato V. S.
Ricevei la sua lettera hiersera, et hoggi la giornata è stata tutta impiegata col S.r Card.1 Dal Monte, con Mons.r Dini e col P. F. Luigi Marrani per questo servitio: però non ho potuto andare ancora a far reverenza al S.r Principe Cesis, come farò quanto prima. V. S. mi conservi la sua benevolenza, e credami in verità che io ambisco come titolo di molta gloria l'essere amato da lei; alla quale humilissimamente inchinandomi, prego da Dio vera tranquillità d'animo e felicità. "
Di Roma, il dì 21 di Marzo 1615.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma S.r Galileo. Firenze |
Devot.mo Ser.re |
PIERO DINI a GALILEO in Firenze.
Roma, 27 marzo 1615.
" Molto Ill.re S.r mio Oss.mo
Non scrissi a V. S. della passata, perchè ritrovandosi meco il Sig.r Ciampoli dall'Ill.mo Del Monte, a lui, come a miglior dicitore, ne lasciai la cura, sforzato ancora da qualche negotio che mi soprafaceva; e già V. S. ne deve essere informata dalla ricevuta delle sue lettere(3): e non havendo cosa da vantaggio, gli accuso questa sua ultima(4), con la quale farò scoperta dell'animo, e capitale del consiglio, dell'Ill.mo Bellarmino, al quale son per mostrarla, con promessa però che non ne pigli copia se prima non mi harà favorito di risposta del senso che ha S. S. Ill.ma intorno a queste cose, perchè non vorrei che, in caso che non piacesse che lei interpretasse, altri poi se ne facesse honore in questa o altra occasione. Et io non mancherò in ogni tempo, con tutti quei personaggi che andrò a servire, di tener ricordato il merito e la bontà di V. S., alla quale non mando il trattato del P. Carmelitano perchè intendo esserli stato mandato(5); e l'autore è qua predicante, e s'offerisce con prontezza a disputarne con chi bisogni. Farò vedere la sua lettera al S.r Principe Cesis, perchè non credo di far male; e secondo che io vedrò, così farò, essendomi non meno a cuore l'honore et esaltatione di V. S. che l'interesse mio proprio. E senza più baciandoli le mani, la prego a risalutarmi quei Signori(6) che si trovorno al serrar delle sue lettere, con pregare a lei da Dio quanto desidera. "
Di Roma, li 27 di Marzo 1615.
Di V. S. molt'Ill.e S.r Galileo Galilei. |
Ser. Aff.mo |
ROBERTO BELLARMINO a PAOLO ANTONIO FOSCARINI
Al Molto R.do P.re M.ro F. Paolo Ant.o Foscarini,
Provinciale de' Carmelit.ni della Provincia di Calabria.
" Molto R.do P.re mio,
Ho letto volentieri l'epistola italiana e la scrittura latina che la P. V. m'ha mandato: la ringratio dell'una e dell'altra, e confesso che sono tutte piene d'ingegno e di dottrina. Ma perchè lei dimanda il mio parere, lo farò con molta brevità, perchè lei hora ha poco tempo di leggere et io ho poco tempo di scrivere.
P.o Dico che mi pare che V. P. et il Sig.r Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il Copernico. Perchè il dire, che supposto che la terra si muova et il sole stia fermo si salvano tutte l'apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il sole stia nel centro del mondo, e solo si rivolti in sè stesso senza correre dall'oriente all'occidente, e che la terra stia 3° nel cielo e giri con somma velocità intorno al sole, è cosa molto pericolosa non solo d'irritare tutti i filosofi e theologi scholastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante; perchè la P. V. ha bene dimostrato molti modi di esporre le Sante Scritture, ma non li ha applicati in particolare, chè senza dubbio havria trovate grandissime difficultà se havesse voluto esporre tutti quei luoghi che lei stessa ha citati.
2.° Dico che, come lei sa, il Concilio prohibisce esporre le Scritture contra il commune consenso de' Santi Padri; e se la P. V. vorrà leggere non dico solo li Santi Padri, ma li commentarii moderni sopra il Genesi, sopra li Salmi, sopra l'Ecclesiaste, sopra Giosuè, trovarà che tutti convengono in esporre ad literam ch'il sole è nel cielo e gira intorno alla terra con somma velocità, e che la terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo, immobile. Consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci e latini. Nè si può rispondere che questa non sia materia di fede, perchè se non è materia di fede ex parte obiecti, è materia di fede ex parte dicentis; e così sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non habbia havuti due figliuoli e Iacob dodici, come chi dicesse che Christo non è nato di vergine, perchè l'uno e l'altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de' Profeti et Apostoli.
3.o Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 3° cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l'intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata: nè è l'istesso dimostrare che supposto ch'il sole stia nel centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perchè la prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della 2a ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa, esposta da' Santi Padri. Aggiungo che quello che scrisse: Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc., fu Salomone, il quale non solo parlò inspirato da Dio, ma fu huomo sopra tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l'hebbe da Dio; onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimostrare. E se mi dirà che Salomone parla secondo l'apparenza, parendo a noi ch'il sole giri, mentre la terra gira, come a chi si parte dal litto pare che il litto si parta dalla nave, risponderò che chi si parte dal litto, se bene gli pare che il litto si parta da lui, nondimeno conosce che questo è errore e lo corregge, vedendo chiaramente che la nave si muove e non il litto; ma quanto al sole e la terra, nessuno savio è che habbia bisogno di correggere l'errore, perchè chiaramente esperimenta che la terra sta ferma e che l'occhio non s'inganna quando giudica che il sole si muove, come anco non s'inganna quando giudica che la luna e le stelle si muovano. E questo basti per hora.
Con che saluto charamente V. P., e gli prego da Dio ogni contento. "
Di casa, li 12 di Aprile 1615.
Di V. P. molto R. |
Come fratello |
PIERO DINI a GALILEO [in Firenze].
" Molto Ill.e S.r mio Oss.mo
Dopo che io accusai la ricevuta lettera di V. S. da mostrarsi all'Ill.mo Bellarmino non ho, si può dir, fatto altro a favore di questo negozio, perchè havevo proprio gusto di trattarne io col detto Ill.mo, ma una raucedine grande m'ha tolto il poter discorrere con galantuomini, nè d'altri mi son voluto fidare. Hora in questi santi giorni, che stanno occupati, m'è parso lasciarli stare, tanto che finiscono queste fazioni cardinalizie. Intanto V. S. dall'aggiunta lettera potrà vedere l'umore di questi Signori; e io a questo Padre, in ricompensa d'altre sue cortesie, ho dato la lettera di V. S., che ancora non l'ho lasciata in altre mani che del S.r Principe Cesis. Scusimi V. S. di quello che non ho fatto per lei; e le bacio le mani, con pregarle felicissime feste e ogni altro bene. "
Di Roma, li 18 di Aprile 1615.
Di V. S. molto Ill.e S.r Galileo. |
Ser. Aff.mo |
In vedendomi il S.r Card.le Barberino, mi disse spontaneamente queste parole: Delle cose del S.r Galileo non sento che se ne parli più; e se egli seguiterà di farlo come matematico, spero non gli sarà dato fastidio.
PIERO DINI a GALILEO in Firenze.
" Molto Ill.e S.r mio Oss.mo
Scrissi sabato sera quanto m'occorse, e di poi mi trovo la gratissima di V. S. delli 14 corrente, rallegrandomi che m'habbia scritto per segretario: così vorrei che ella facesse tutte le scritture o la maggior parte.
Passato domani proccurerò d'essere con l'Ill.mo Bellarmino, al quale soggiugnerò ancora le cagioni del mio indugio, acciò non credesse che V. S. havesse stentato a mettere insieme quelle dottrine etc.
Mi ricordo servitore a V. S.; e trovandomi occasione straordinaria d'apportatore, son brevissimo, tanto più che il mio catarro non mi lascia fare quel che vorrei. Il Signore la feliciti. "
Di Roma, li 20 d'Aprile 1615.
|
Ser. Aff.mo |
PIERO GUICCIARDINI a CURZIO PICCHENA in Firenze.
Roma, 5 dicembre 1615.
" Sento che vien qua il Galilei. Annibale Primi mi ha detto che, d'ordine del Ser.mo Padrone, ricevuto per mezzo di V. S., l'aspetta al Giardino. Al principio che io venni qua, ce lo trovai, et egli stette alcuni giorni in questa casa. La sua dottrina, et qualche altra cosa, non dette un gusto che sia a' Consultori et Cardinali del Santo Offizio; et fra gli altri Bellarmino mi disse che era grande il rispetto che si doveva a ogni cosa di coteste Serenissime Altezze, ma che se fosse stato qua troppo, non harebbono potuto far di meno di non venire a qualche giustificazione de' casi suoi: et dubito che qualche cenno o avvertimento che allora egli havesse da me, perchè era in questa casa, forse non le desse intero gusto. Io non so se sia mutato di dottrina o d'humore: so bene che alcuni frati di San Domenico, che han gran parte nel Santo Offizio, et altri, gli hanno male animo addosso; et questo non è paese da venire a disputare della luna, nè da volere, nel secolo che corre, sostenere nè portarci dottrine nuove. Et perchè io sento che viene in casa di S. Altezza nostro Signore, et so che è suo servitore, ancorchè io non ne sia stato da V. S. avvertito nè ella me n'habbia detto nulla, tuttavia ardisco, per bene, di dirne questo motto, perchè, secondo che egli viene qua o per curiosità o per negozi suoi o per alcuno servizio di S. A., si possa haver lume et cercar sempre che tutte le cose dependenti da cotesta Serenissima Casa ci camminino di maniera d'haverci il loro pieno et da poter dare et ricevere quella sodisfatione che conviene et è ragione.
Le parole in corsivo erano state scritte in cifra dal segretario dell’ambasciatore e sono state decifrate da Antonio Favaro. L’ambasciatore fiorentino a Roma, Piero Guicciardini non aveva molto simpatico Galilei per i fastidi che gli dava, e ciò trapela da ogni riga di questa lettera. "
PIERO GUICCIARDINI a [COSIMO II, Granduca di Toscana, in Firenze].
[Roma], 4 marzo 1616.
" Il Galileo ha fatto più capitale della sua opinione che di quella de' suoi amici: et il Sig.or Card.le dal Monte et io, in quel poco che ho potuto, et più Cardinali del S.to Offizio l'havevano persuaso a quietarsi, et non stuzzicare questo negozio; ma se voleva tenere questa openione, tenerla quietamente, senza far tanto sforzo di disporre e tirar gl'altri a tener l'istesso, dubitando ciascuno che la sua venuta qua gli fusse pregiudiziale et dannosa, et che non fusse venuto altrimenti a purgarsi et a trionfare de' suoi emuli, ma a ricevere un fregio. Egli, parendoli che per questo altri fusse freddo nella sua intenzione et ne' suoi desiderii, doppo havere informati et stracchi molti Cardinali, si gettò al favore del Cardinale Orsino, et per questo procurò cavare una lettera molto calda di V. A. S. per esso il quale mercoledì in Concistoro, non so come consideratamente et prudentemente, parlò al Papa in raccomandazione di detto Galileo. Il Papa gli disse che era bene che egli lo persuadesse a lasciare questa openione. Orsino replicò qualcosa, incalcando il Papa, il qual mozzò il ragionamento et gli disse che havrebbe rimesso il negozio a' SS.ri Cardinali del S.to Offizio; et partitosi Orsino, fece S. S.tà chiamare a sè Bellarmino, et discorso sopra questo fatto, fermorono che questa openione del Galileo fusse erronea et heretica: et hier l'altro, sento fecero una congregazione sopra questo fatto, per dichiararla tale; et il Copernico, o altri autori che hanno scritto sopra questo, o saranno emendati et ricorretti, o prohibiti: et credo che la persona del Galileo non possa patire, perchè, come prudente, vorrà et sentirà quello che vuole et sente S.ta Chiesa. Ma egli s'infuoca nelle sue openioni, ci ha estrema passione dentro, et poca fortezza et prudenza a saperla vincere: tal che se li rende molto pericoloso questo cielo di Roma, massime in questo secolo, nel quale il Principe di qua aborrisce belle lettere et questi ingegni, non può sentire queste novità nè queste sottigliezze, et ogn'uno cerca d'accomodare il cervello et la natura a quella del Signore; sì che anco quelli che sanno qualcosa et son curiosi, quando hanno cervello, mostrano tutto il contrario; per non dare di sè sospetto et ricevere per loro stessi malagevolezze. Il Galileo ci ha de' frati et degl'altri che gli vogliono male et lo perseguitano, et, come io dico, è in uno stato non punto a proposito per questo paese, et potrebbe mettere in intrighi grandi sè et altri, et non veggo a che proposito nè per che cagione egli ci sia venuto, nè quello possi guadagnare standoci. La Seren.ma Casa di V. A., lei benissimo sa quel che in simili occasioni habbia ne' tempi passati operato verso la Chiesa di Dio, et meritato con essa per persone o cose toccanti la S.ta Inquisizione. Mettersi in questi imbarazzi et a questi risichi senza cagione grave, donde possa resultare utile nessuno, ma danno grande, non veggo per quel che sia fatto; et se ciò segue solo per sodisfazione del Galileo, egli ci è appassionato dentro, et, come cosa propria, non scorge et non vede quello bisognerebbe, sì che, come ha fatto sin a hora, ci resterà dentro ingannato, et porterà sè in pericolo et ogn'uno che seconderà la sua voglia o si lascerà persuadere da lui a quelle cose che egli vorrebbe. Questo punto, questa cosa, hoggi nella Corte è vergognosa et aborrita; et se il Sig.or Cardinalenella sua venuta qua, come buono ecclesiastico, non mostra ancor lui di non si opporre alle deliberazioni della Chiesa, non seconda la voluntà del Papa et d'una Congregazione come quella del S.to Offizio, che è il fondamento et la base della religione et la più importante di Roma, perderà assai et darà gran disgusto. Come ambisca per le sue anticamere o ne' circoli huomini che si appassionino, et con le gare voglino sostenere et ostentare le loro openioni, massime di cose astrologiche o filosofiche, ogn'uno fuggirà, perchè, come ho detto, il Papa qua ne è tanto alieno, che ogn'uno procura di farci il grosso et l'ignorante: sì che tutti i litterati, che di costà verranno, saranno, non ardisco di dire dannosi, ma di poco frutto et pericolosi, et quanto meno ostenteranno le loro lettere, se non lo faranno con estrema discrezione, tanto sarà meglio. Et se il Galileo aspetterà qua il Sig.or Cardinale, et l'intrigherà punto in questi negozii, sarà cosa che dispiacerà assai; et egli è vehemente, ci è fisso et appassionato, sì che è impossibile che chi l'ha intorno scampi dalle sue mani. E perchè questa è causa et cosa non di burla, ma da poter doventare di conseguenza et di gran rilievo (se a quest'hora non è diventata), come benissimo la prudenza di V. A. S. potrà comprendere, et l'essere anco quest'huomo qua in casa dell'A. V. S. et del S.or Cardinale et sotto il loro amparo et protezione, et spacciar questo nome; per questo mi è parso, per sodisfazione del mio debito, rappresentare all'A. V. S. quel che è passato et quello che si sente intorno a ciò. "
Questo frammento di lettera del Castelli è di mano di Galileo, probabilmente presentata durante il processo del 1633.
[BENEDETTO CASTELLI a GALILEO in Roma].
Pisa, 20 aprile 1616.
Di Pisa, li 20 d'Aprile 1616.
" Ma quel che più importa è che qui è stato scritto dal medesimo B. che V. S. ha abiurato(7) segretamente in mano dell'Ill.mo C. Belarmino: il che se è passato, bisogna che sii stato santamente; ma se non è successo, non essendo questo altro che frutto di quella medesima sorte che furno quelli pubblicatori contro due anni fa in Pisa in voce, e poi con lettere in Firenze, in materia del discorso che io hebbi in camera di S. A. etc. "
Galileo non aveva abiurato, come risulta dal documento rilasciatogli da Bellarmino
ATTESTATO DEL CARD. ROBERTO BELLARMINO
<Roma> 26 maggio 1616
" Noi Roberto cardinale Bellarmino, havendo inteso che il sig. Galileo Galilei sia calunniato o imputato di havere abiurato in mano nostra, et anco di essere stato per ciò penitenziato di penitentie salutari, et essendo ricercati della verità, diciamo che il suddetto sig. Galileo non ha abiurato in mano nostra né di altri qua in Roma, né meno in altro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opinione o dottrina, né manco ha ricevuto penitentie salutari né d’altra sorte, ma solo gli è stata denuntiata la dichiaratione fatta da Nostro Signore et pubblicata dalla Sacra Congregatione dell’Indice, nella quale si contiene che la dottrina attribuita al Copernico, che la terra si muova intorno al sole et che il sole stia nel centro del mondo senza muoversi da oriente ad occidente, sia contraria alle Sacre Scritture, et però non si possa difendere né tenere. Et in fede di ciò habbiamo scritta et sottoscritta la presente di nostra propria mano, questo dì 26 di maggio 1616. "
Il medesimo di sopra
Roberto cardinale Bellarmino
Tre mesi prima, il 25 febbraio era stato deciso che Galileo doveva essere convocato dal cardinale Bellarmino, per essere da lui ammonito:
" Illustrissimus D. cardinalis [Giovanni Garcia] Millinus notificavit reverendis. Patribus Dominis Assessori et Commissario Sancti Officii, quod relata censura Patrum Theologorum ad propositiones Galilei mathematici, quod sol sit centrum mundi et immobilis motu locali et terra moveatur etiam motu diurno, Sanctissimus ordinavit illustrissimo Domino cardinali Bellarmino, ut vocet coram se dictum Galileum eumque moneat at deserendam dictam opinionem; et si recusaverit parere, Pater Commissarius, coram notario et testibus, faciat illi praeceptum ut omnino abstineat huiusmodi doctrinam; si vero no acquieverit carceretur. "
[traduzione]
L’illustrissimo cardinale Millino ha reso noto ai Reverendissimi Padri Signori Assessore e Commissario del Santo Uffizio, che in essendogli stata riportata la censura dei Padri Teologi sugli enunciati del matematico Galilei, che il sole sia il centro del mondo e non mobile per moto locale e che la terra si muova anche di moto diurno, il Santissimo [Padre] ha ordinato all’illustrissimo Signor Cardinale Bellarmino, che convochi davanti a sé il detto Galilei e lo ammonisca ad abbandonare detta opinione; e se rifiutasse di obbedire, il Padre Commissario, avanti al notaio e ai testimoni, gli faccia il precetto di astenersi del tutto da dottrina di tal fatta; se poi non acconsentisse sia incarcerato.
E questa che segue è la fatale ammonizione, documento controverso e da alcuni ritenuto falso aggiunto agli atti.
AMMONIZIONE DEL CARD. ROBERTO BELLARMINO A GALILEO
Roma, 26 febbraio 1616
Die veneris 26 eiusdem.
" In palatio solitae habitationis dicti illustrissimi Domini cardinalis Bellarminii et in mansionibus dominationis suae illustrissimae, idem illustrissimus Dominus cardinalis, vocato supradicto Galileo, ipsoque coram domo sua illustrissima existente, in praesentia admodum reverendi Patris fratis Michaelis Angeli Seghitii de Lauda, Ordinis Praedicatorum, Commissarii generalis Sancti Officii, praedictum Galileum monuit de errore supraedictae opinionis et ut illam deserat, et successive ac incontinenti, in mei etc. testium etc, praesente etiam adhuc eodem illustrissimo Domino cardinali, supradictus Pater Commissarius praedicto Galileo adhuc ibidem praesenti et constituto praecepit et ordinavit [proprio nomine] Sanctissimi D. N. Papae et totius Congregationis Sancti Officii, ut supradictam opinionem, quod sol sit centrum mundi et immobilis et terra moveatur, omnino relinquat, nec eam de caetero, quovis modo teneat, doceat aut defendat, verbo aut scriptis; alias, contra ipsum procedetur in Sancto Officio. Cui praecepto idem Galileus aquievit et parere promisit. Super quibus etc.
Actum Romae ubi supra, praesentibus ibidem reverendo Badino Nores de Nicosia in regno Cypri, et Augustino Mongardo de loco abbatiae Rosae, diocesis Politianensis, familiaribus dicti illustrissimi Domini cardinalis, testibus etc. "
[traduzione di Annibale Fantoli, per rendere onore all’autore de «Il caso Galilei. Dalla condanna alla”Riabilitazione”. Una questione chiusa?»]
Venerdì 26 dello stesso [mese]. Nel palazzo dell’abitazione usuale del detto Illustrissimo Signor Cardinale Bellarmino, e nell’appartamento di Sua Signoria Illustrissima, lo stesso Illustrissimo Signor Cardinale, chiamato il sopraddetto Galileo, ed una volta questi apparso dinanzi alla Signoria Sua Illustrissima, alla presenza del Reverendissimo Padre Fra Michelangelo Sigizzi da Lauda, dell’ordine dei Predicatori, Commissario generale del S. Uffizio, ha ammonito il predetto Galileo sull’errore della suddetta opinione e ad abbandonarla; e immediatamente dopo alla presenza mia ecc. e dei testimoni ec. essendo ancora presente il medesimo Illustrissimo Signor Cardinale sopraddetto, il Commissario ha ingiunto e ordinato nel proprio nomj del Santissimo Signor Nostro il Papa e di tutta la Congregazione del S. Uffizio, al predetto Galileo ancora lì presente, di abbandonare del tutto la predetta opinione, cioè che il sole sia centro del mondo e immobile e la terra si mova e di non tenerla, insegnarla o difenderla con parola o in iscritto, in qualsiasi modo, d’ora in avanti; in caso contrario si procederà contro di lui nel S. Uffizio. Il medesimo Galilei si è sottomesso a questa ingiunzione e ha promesso di ubbidire.
Biografia
Roberto Bellarmino, (1542-1621), teologo, esponente della Controriforma. Nipote di papa Marcello II, entrò a far parte nella Compagnia di Gesù nel 1560. Studiò nel Collegio Romano, all’università di Padova e a Lovanio. Nel 1576 ottenne la cattedra di apologia cattolica all’università Gregoriana. Tra i suoi alunni ci fu S. Luigi Gonzaga, di cui fu direttore spirituale. La sua opera più significativa fu Disputationes de controversiis christianae fidei adversus huius temporis haereticos (1586-1593). Intervenne nella revisione della Vulgata, pubblicata nel 1592. Fu fatto cardinale nel 1599, e arcivescovo di Capua nel 1602, forse per tenerlo lontano da Roma, e lì rimase fino al 1605, quando tornò a Roma, proseguendo nell'opera di insegnamento. Membro del Sant'Uffizio, si occupò del processo contro Giordano Bruno e del primo processo contro Galileo Galilei, ammonendo quest'ultimo a non pubblicare nessuno scritto in difesa dell'ipotesi copernicana, considerata eretica dalla Chiesa cattolica.
Dopo aver donato tutti i propri averi agli indigenti, morì in povertà. Il processo di beatificazione iniziò ben presto ma durò quasi tre secoli, perché solo nel 1930 fu dichiarato beato e poi subito dopo fu proclamato santo e nel 1931 anche dottore della Chiesa.
Opere in edizione moderna
Prediche a Capua (1602-1603), Morcelliana 2004.
Autobiografia (1613, Morcelliana 1999.
Consigli per un vescovo, Morcelliana 1998.
L’arte di ben morire, Piemme, 1998.
Scritti spirituali (1615-1620) Elevarsi interiormente a Dio. Ital. e lat., Morcelliana 1997.
Scritti spirituali (1615-1620) Il gemito della colomba. Le sette parole di Cristo. Ital. e lat., Morcelliana 1997.
Scritti spirituali (1615-1620) Il dovere del principe crisitano. L’arte di ben morire. Ital. e lat., Morcelliana 1997.
Opera postuma, Pont. Univ. Gregoriana.
De ascensione mentis in Deum per scalas rerum creatarum, Roma 1615.
Dichiaratione piu copiosa de la dottrina christiana. Composta per ordine di N. S. papa Clemente VIII. Dal r.p. Roberto Bellarmino sacerdote della Compagnia di Giesu. - In Roma : Appresso Luigi Zannetti, 1598.
Disputationes Roberti Bellarmini Politiani, ex Societate Iesu, de controuersiis christianae fidei aduersus huius temporis haereticos, quatuor tomis comprehensae. Editio vltima, ab ipso auctore aucta e - Venetiis : apud Minimam Societatem, 1599
Disputationi, De controversiis christianae fidei aduersus huius temporis haereticos. - Venetiis : Jo. Bapt. Ciottus Senensis, [1594?
Dottrina christiana breue composta per ordine di ... Papa Clemente VII dal R.P. Roberto Bellarmino Sacerdote della Compagnia di Gesù. Hora Cardinale ... - In Venetia: appresso Gio. Battista Ciotti, [non prima del 1583]
Institutiones linguae Hebraicae ex optimo quoque auctore collectae; et ad quantam maximam fieri potuit breuitatem, perspicuitatem, atque ordinem reuocatae, a Roberto Bellarmino Societatis Iesu. - Romae : apud Franciscum Zanettum, 1578
Opuscula quae disputationibus Roberti Bellarmini Politiani, ex Societate Iesu, in editione Veneta, ab eodem auctore adiuncta fuerunt. ... - Venetiis : apud. Ioan. Bapt. Ciottum Senensem, 1599
Responsio ad praecipua capita apologiae. Quae falso catholica inscribitur, pro successione Henrici Nauarreni, in Francorum regnum. Auctore Francisco Romulo. - Fani : apud Petrum de Farris, 1591.
Responsio ad precipua capita apologiae. Quae falso catholica inscribitur, pro successione Henrici Nauarreni. - Fani : apud Petrum de Farris, 1592
P. Sixti V Fulmen Brutum in Henricum sereniss. regem Navarrae, & illustiss. Henricum Borbonium principem olim Condaeum, evibratum. Cuius multiplex nullitas ex protestatione patet. Cui, praeter a - Romae : apud haeredes Antonij Bladij Impressores Camerales, 1585
Apologia Roberti S.R.E. cardinalis Bellarmini, pro responsione sua ad librum Iacobi magnae Britanniae regis, cuius titulus est, Triplici nodo triplex cuneus; ... Accessit eadem ipsa responsio iterum recusa, quæ sub nomine Matthaei Torti anno superiore prodierat. - Romæ : apud Bartholomæum Zannettum, 1609
De arte bene moriendi libri duo. Auctore Roberto s.r.e. card. Bellarmino è Societate Iesu. - Romae : typis Bartholomaei Zannetti, 1620.
De gemitu columbae siue De bono lacrymarum. Libri tres. Auctore Roberto s.r.e. card. Bellarmino e Societate Iesu. Ad ipsam eandem religionem suam. - Romae : typis Bartholomaei Zannetti, 1617
De officio principis christiani libri tres. Auctore Roberto S.R.E. card. Bellarmino e societate Iesu. Ad sereniss. principem Wladislaum Sigismundi 3. ... - Romae : ex typographia Bartholomæi Zannetti, 1619
De scriptoribus ecclesiasticis liber vnus. Cum adiunctis indicibus vndecim, & breui chronologia ab orbe condito vsque ad annum 1612. Roberto card. Bellarmino e Societate Iesu auctore. ... - Romæ : ex typographia Bartholomæi Zannetti, 1613
De septem verbis a Christo in Cruce prolatis libri duo auctore Roberto S.R.E. card. Bellarmino e Societate Iesu. - Romae : typis Bartholomaei Zannetti, 1618
Della eterna felicita' de' santi libri cinque. Composti dall'illustriss. & reuerendiss. sig. cardinal Bellarmino della Compagnia di Giesu, ... Volgarizzati dal sig. abbate Angelo Della Ciaia, nipote dell'autore. - In Roma : per Bartolomeo Zannetti, 1616
Delle sette parole dette da Christo in croce libri due composti dall'illustriss. e reuerendiss. sig. card. Bellarmino della Compagnia di Giesu. Volgarizzati da Cesare Bracci archidiacono di Montepulciano. ... - In Roma : per Bartolomeo Zannetti, 1618.
Tractatus de potestate summi pontificis in rebus temporalibus. Aduersus Gulielmum Barclaium. Auctore Roberto S.R.E. card. Bellarmino. - Romæ : ex typographia Bartholomæi Zannetti, 1610.